16 febbraio 2008

Responsibilities



Nei versi di Responsabilities, William Yeats, rivolgendosi ai suoi antenati scrisse:
Perdonatemi se per amore di una passione sterile,
sebbene io sia arrivato vicino ai quarantanove anni,
non abbia nessun figlio, non abbia che un libro
nulla di più per comprovare il vostro sangue e il mio.


Io ho molto affetto per i miei parenti, soprattutto verso quelli che non ho mai conosciuto.
Mio zio Sandro, alias frate Maurilio, dice che ne avevamo pure uno che era vescovo al concilio di Trento. Ora mi sembra assodato che da allora la famiglia ebbe una serie di rovesci di fortuna, giacché l'unico esponente religioso che vantiamo allo stato attuale è appunto frate Maurilio, che da un po'ha passato l'ottantina e per tante cose deve ancora rivolgersi ai suoi "superiori". "Ma come a più di 80 anni zione hai ancora i superiori?" cioè a quell'età uno dovrebbe un po'comandare, ma mio zio è stato una vita in Africa e carriera non si fa tra i poverelli, si fa stando a Roma.
Quanto al vescovo, ora me lo immagino lui, ligure apuano, al Concilio di Trento, che magari tutti gli altri vescovi importanti si conoscevano tra loro, e lui ne avrà conosciuti giusto un paio e magari lì in mezzo a quel folto vescovile, cercava di rassicurarsi incontrando i volti familiari, un po'come quando io vado agli incontri del sindacato, solo che io ci posso andare con una borsa di Cavalli che è uno spettacolo e mi da un certo tono. Lui cosa si sarà portato?
E allora lavorarono un mucchio al concilio di Trento, magari si divisero per gruppi e lui restò lì e non sapeva cosa fare, in che compagine piazzarsi, che non conosceva nessuno e fino a che un'anima benevola gli disse "Vatti a sedere con quelli lì! Loro parlano di una cosa importante, puoi lavorare con loro, discutono di peccato originale!". E il mio vescovo ligure apuano, un po'incerto, acconsentì e si piazzò in mezzo a quella discussione dove c'era uno spagnolo tale Domingo de Soto, un dominicano che stava tenendo banco. Lo spagnolo era infervorato nella quaestio e ce l'aveva in modo particolare verso un frate agostiniano del XIV secolo, tale Gregorio da Rimini, a suo dire "tortor infantium" perchè aveva difeso la necessità del battesimo con argomenti crudelissimi.
Non è che gli si potesse dar contro, Gregorio diceva che chi muore senza battesimo, infanti compresi, brucia e va all'inferno. Altro che limbo! proprio all'inferno. Che poi va detto, tutto ciò perchè Gregorio era fissato con la grazia divina, che senza la grazia non si va da nessuna parte. E allora il mio vescovo ligure apuano fu molto turbato: ma come si fa a difendere una posizione del genere? ma che cattivo 'sto Gregorio! Ma come hanno fatto a farlo beato uno così?Anche se detto tra noi gli scocciava che il dominicano spagnolo venisse a parlar male, proprio al concilio di Trento, di un frate italiano. Ma lui non sapeva che pesci prendere, ligure apuano com'era. E voleva mettersi un po'lì per bene a studiare con calma la questione,ma nel frattempo il concilio di Trento, che pur era durato 30 anni finì e lui se ne tornò a casa. Però era un ligure apuano, come ho già detto, quindi uno di quelli che quando si mettono una cosa in testa, ci si fissano e non la mollano più.
Te la lasciano anche come un'eredità genetica.

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