31 gennaio 2010

considerazione ....meritoria?

io non sono mai andata all'Ikea
io non mi sono mai fatta una lampada
io non ho mai giocato al superenalotto etc.

considerazione anagrafica

...rispondo al telefono. La voce femminile dall'altro capo mi chiede se può parlare "con la Signora". Che poi sarei io, avendo mutato status civile da quasi 4 anni, a un'età in cui le mie coetanee di solito si separano .
Mi chiama a nome di un cento estetico e la questione si fa subito interessante.
Una prova dimostrativa: benissimo!
Ci accordiamo per l'orario.
Di cosa avrei bisogno mi chiede. Viso? cellulite? rassodamento? smagliature?
E io le dico che non lo so. Mentalmente passo in rassegna la mia persona e penso, giuro, che non devo fare la velina. Io sto bene così. Cioè non ho nessuna disfatta in corso, ma manco fortunatamente devo condividere con il resto dell' umanità il mio giro-coscia.
Per accontentare la signorina di là dal telefono opto per un trattamento viso.
E il peso? Mi chiede quanto peso.
E che ne so quanto peso. Una volta avevo le mie idee al riguardo, ora non mi peso più. Mi vesto.Se una gonna mi sta bene, vuol dire che il peso è giusto. E poi cosa le racconto? che ho smesso di fumare e lì per lì credevo di non ingrassare e invece poi avrò preso qualche kg, e che però poi l'ho ripersi, ma che mi frega dei kg! ho smesso di fumare e sono dunque diventata belissima!
Rispondo dunque sul peso "sono normale". Che vuol dire molte cose.
Un'ultima cosa, avrei bisogno di sapere la sua età.
Mentalmente, velocissimamente considero che non è ancora febbraio e novembre è ancora lontano, ma voglio essere più che onesta, gioco pure d'anticipo : una pausa, un piccolo sospiro ed esclamo "QUARANTA".

29 gennaio 2010

LA TV OSCURA LE PROBLEMATICHE AMBIENTALI

Appello solidarietà con Angelo Bonelli ed i Verdi

Angelo Bonelli ed i Verdi hanno iniziato uno sciopero della fame ad oltranza per protesta contro il fatto inconfutabile che le reti televisive italiane abbiano tralasciato in questi ultimi mesi di parlare delle grandi questioni ambientali come la lotta all'inquinamento, la difesa della salute dei cittadini, la difesa del territorio, l'emergenza climatica che l'Intero Pianeta sta vivendo a causa del cambiamento del clima, il ritorno del nucleare.


un appello a cui non si può mancare, quanto meno per rivendicare il nostro diritto ad essere informati: per firmare http://www.verdi.it/petizione

28 gennaio 2010

considerazione intimista

pianterei rose in continuazione

ieri nel mio vivaio preferito mi hanno regalato il catalogo di Rosa Nova: ma come si fa a resistere?

liceo classico

Catullo

Vivamus, mea Lesbia, atque amemus
Rumoresque senum severiorum
Omnes unius aestimemus assis.
Soles occidere et redire possunt:
nobis cum semel occidit brevis lux,
nox est perpetua una dormienda.
Da mi basia mille, deinde centum,
dein mille altera, dein secunda centum
deinde usque altera mille, deinde centum.
Dein, cum milia multa fecerimus,
conturbabimus illa, ne sciamus,
aut nequis malus invidere possit,
cum tantum sciat esse basiorum

letto stamani sulla portiera di un camion

Etiam si omnes non ego

27 gennaio 2010

burqa

non so chi abbia detto che la tag 42 è il burqa delle donne d'Occidente, però alle volte penso che abbia un po'ragione

25 gennaio 2010

Dedicato a Catia

Dedicato a Catia
che proprio un anno fa è andata in ferie per sempre, lasciandoci in un vuoto di pensiero, in un nulla senza capo ne coda.
A Catia :che continua a mandarci regali dal paradiso:
oggi ho ricevuto il mio.
Grazie Amica cara, non c'è giorno che io non ti porti con me.

23 gennaio 2010

SALVIAMO L’ASINELLO VITTIMA DELLA FIESTA DI PERO PALO IN SPAGNA

Copio & Incollo dal sito dell'associazione animalista OIPA

Ogni anno un asinello, in nome della tradizione e dell’intrattenimento, è vittima di maltrattamenti nelle strade di un villaggio della Spagna. Martedì 23 febbraio a Villanueva de la Vera, l’animale verrà portato lungo le vie, dove sarà incitato dalla gente, durante un percorso di circa un'ora, in cui viene accompagnato da spari, rumore di campanacci e durante il quale l’animale rischierà di collassare più volte.
Il festival di Pero Palo affonda le sue radici nei secoli bui dell'inquisizione quando il linciaggio veniva perpetrato ogni anno su un bandito accusato di reati o eresia.
Nella Regione della Extremadura vige la legge 5/2002 per la protezione degli animali, la quale vieta l’uso di animali nelle feste e in spettacoli pubblici quando l’animale viene maltrattamento, ma ogni anno il festival di Pero Palo viene celebrato e la legge ignorata.
Villanueva de La Vera è un paesino di poco più di 2000 abitanti diventato tristemente famoso per questa atrocità. Questa festa vede protagonista l’asinello: deve portare sulla groppa l'uomo più pesante del villaggio, fra maltrattamenti di ogni genere. Fino al 1986 l'animale veniva accoltellato, gli venivano cavati gli occhi e spezzate le ossa. In passato "la festa finiva quando finiva l'asino". Oggi l’animale riesce a resistere a questa infinita crudeltà, ma dobbiamo continuare a fare sentire le nostre voci per chiedere la cessazione definitiva dell’uso di animali durante questa rievocazione storica.

inviamo una MAIL DI PROTESTA!

... e zitto, zitto, arriva l'OGM...

Alle volte siamo sempre ultimi nell'applicare le normative europee. Tanto che l'Europa ci deve riprendere per costringerci all'adeguamento.
Altre volte invece, chissà perché, siamo tra i primi, anzi sgomitiamo per esserlo.
Dietro al teatrino quotidiano: la Gelmini si è sposata, che fine avrà fatto quel ragazzino dai capelli buffi di Maria de Filippi, ma vuoi mettere le primarie in Puglia?!
Dietro tutto questo ambaradan ecco che ti sdogano l'OGM !

22 gennaio 2010

la storia siamo noi.. ficcatelo bene in testa!

Io lavoro in un posto dove ci sono delle pertinenze, degli edifici insomma, che un tempo appartenevano a dei privati e di quelle memorie degli antichi proprietari, se ne conserva traccia , quando nella parola e nello scritto, con i miei colleghi chiamiamo quelle strutture, ricorrendo al nome del vecchio proprietario.
E così da un giorno all'altro mi sono accorta che uno dei consueti nomi delle pertinenze, veniva alterato, cioè è come se invece di Giacinto qual era in origine il nome giusto, tra alcuni miei colleghi di punto in bianco si fosse diffusa la convinzione che il nome corretto fosse Giacinti. Una "O" finale mutata improvvisamente, chissà perchè poi, in "I".
E io che sono nata lì,dove oggi lavoro ,e a voler essere precisi pure la nonna di mio nonno è nata lì, io sono lì da sempre, io che Giacinto lo conobbi e me lo ricordo bene, ho affermato quella che era la verità, il nome vero è Giacinto, con la "O" finale.
Non è bastato: alcuni colleghi hanno misconosciuto la mia testimonianza. Non per ragioni fondate, ma così, per noia, per tristezza, penso anche per il gusto di farmi inxxxzare.
Alcuni dei miei colleghi vengono da parti diverse d'Italia, certi sono nati all'estero, certi abitano in un altra città, o più semplicemente sono diversi da me, bipede, implume e con un'anima pervasa d'ottimismo fuori moda.
Io mi sono accanita per difendere il nome vero di Giacinto, che come ho detto conobbi davvero, a differenza di qualcuno per il quale Giacinto è solo un nome. Io ricordo me lo ricordo e mi ricordo soprattutto di avere ascoltato da piccola le sue memorie di partigiano , ma non solo, suo nipote è uno dei miei più cari amici. Un'antica amicizia mi lega a quella famiglia di persone speciali, che possono essere per molte ragioni un modello di riferimento morale nella piccola comunità in cui sono nata e cresciuta.
Un piccolo mondo misconosciuto da chi ha radici diverse dalle mie.E perché no, anche un pensiero politico diverso dal mio.
Una mia collega che perorava l'indifferenza tra il nome Giacinto e Giacinti, cosa vuol dire che io appartengo al territorio, mi diceva che lei ed io, suvvia siamo uguali: no, non siamo uguali.
Tu hai un'altra storia, che io rispetto, ma non è la mia.
E se vogliamo dirla tutta, quando Giacinto rischiava la pelle e faceva il partigiano, la gente con il tuo credo politico, se avesse potuto, gli avrebbe fatto la festa.
E se fosse per quelli che la pensano come te, e se fosse per il contributo che hanno dato famiglie come la tua, con il cavolo che questo Paese ti dava quei benefici democratici che oggi non conosci e non difendi.

E allora non diciamo che siamo tutti uguali.
Che gli italiani prima era tutti fascisti.
O che ai tempi di Craxi tutti rubavano dunque era tutti ladri.
C'è tanta voglia di revisionismo, perché fa comodo cancellare le differenze, annullarle e dire che siamo tutti uguali e si ma che vuoi che sia dire Giacinto o Giacinti?
No, non è la stessa cosa. Giacinto non ha fatto il partigiano, non si è sacrificato per costruire un'Italia migliore perché per ignoranza e incuria un giorno qualcuno si permettesse di storpiare il suo nome.
La storia siamo noi.
Grazie partigiano Giacinto!


n.d.r. Giacinto è un nome fittizio, questa piccola storia invece è vera

io vorrei....

Sarà che prima è nevicato.
Poi è gelato.
E quindi piovuto. In abbondanza, eccome!

E dunque si sono stazzonati gli agapanti, la mia bella clivia, alcune piante di aloe si sono gonfiate per poi rammollirsi e quindi divenire marce. E si sono seccati alcuni rami della dodonea viscosa. E molto, molto altro ancora è andato perso per sempre. Mentre nelle serrette e in veranda avanza la cocciniglia cotonosa.

Sarà che oggi c'era il sole. E c'era pure ieri. E il giorno precedente.
E non sembra che sia ancora gennaio, ma sembra che sia già febbraio da un po'. E poi è dal maggio dello scorso anno, quando divampò la calura, dallo scorso settembre passato in fretta senza le dolcezze di fine estate, ad un autunno che non si è visto, ma è stato subito inverno cattivo e duro, che io, femmina giardinicola, mi sono convinta che la stagione sia già un mese avanti.

E così, vinta la paura per la conta dei morti e dei feriti e dei dispersi, vado in giardino.
E sento una gran voglia di rose, di nuove rose! Sarà che mi è arrivato il catalogo di Barni e mi rendo conto che sono pervasa da un intenso desiderio di riempirmi gli occhi di forme e di colori e le vorrei tutte, ma proprio tutte queste rose!
Anzi no! contrariamente al buon gusto del giardinaggio chic, vorrei quelle dai colori più sgargianti, più esuberanti, quelle più generose di tutte nella fioritura, insomma che le vedi da un kilometro.

Quelle più rose, insomma.

Won't you come into my garden? I would like my roses to see you.
~ Richard B. Sheridan

19 gennaio 2010

res e signa

Era un regalo. Fatto a me stessa. Un autoregalo insomma, Me l'ero riservato per il mio debutto in teatro: un orecchino con un diamante. Beh...un diamantino. Uno solo perché io ho un solo foro all'orecchio sinistro, e se tornassi indietro non mi farei nemmeno quello, dato che non mi piacciono in generale piercing, tatuaggi, branding etc.
Anzi confesso che dietro l'immagine di femmina giardinicola, dipendende dal suo piegaciglia, un po'anarcoide filo-fausto-bertinottiana, si cela un'arcigna conservatrice, insomma una vecchia zia, che innanzi al tribale spalmato sulla schiena, anzi prossimo al fondoschiena di una bella fanciulla, commenta indignata : "come farà quando sarà vecchia decrepita e andrà dal dottore e si spoglierà e si vedrà il tribale molliccio e raggrinzito?!" .

Si lo so, è un pensiero orribile e anche poco originale. Per spiegare che non mi piacciono le manipolazioni-modificazioni del corpo e rimarcare l'inutilità di quel mio unico foro al lobo dell'orecchio sinistro, che nondimeno ho pensato di ammantare con un orecchino prezioso, in omaggio a un momento specialissimo: toccò a me aprire la scena, con in testa una parrucca nera punkeggiante, una bambina pazza, intenta a pugnalare una bambola.

L'ho perso nell'ottobre del 2007, lo ricordo per via del matrimonio di un amico . Me ne sono accorta salendo in auto, quando ho istintivamente portato le dita al lobo vuoto. Nel frattempo erano successe molte cose e il mio gruppo di teatro non esisteva più. Mi scocciò la perdita anche venale, ma forse noi donne dobbiamo mettere in conto che se certe cose le indossiamo, le possiamo anche perdere. Capita.
E dunque per non lasciare vuoto il lobo ho messo un altro orecchino, con un diamantino ancora più piccino, ma senza troppa convinzione.

Questa settima: passo il folletto, ovvero il super aspirapolvere per casa, zum zum e tocco un pezzetto di battiscopa che era lasco già da un po', e si stacca del tutto. Penso immediatamente che dirò a mio marito di riattaccarlo,mentre continuo con il folletto lì attorno, zum zum, vedo un luccichio, qualcosa di meno di un micro-secondo, prima che arrivi il folletto zum zum : è lui. Lì per terra, dietro all'angolo lasciato scoperto dal battiscopa che era lasco. L'orecchino con il diamantino del mio debutto.
Sant'Agostino diceva che il mondo è res e signa. Quindi cose e segni. Ma i segni vanno saputi interpretare, prima ancora vanno saputi cogliere. E bisogna in ogni caso affrettarsi a spegnere subito il folletto.

Ehi Miss!

Lea questuans



Lea versione Mata Hari



Lea smile!

17 gennaio 2010

tensione reggiana

E'una questione radicata, perché apparteniamo allo stesso ceppo etnico, ma loro, i Reggiani sono più belli, o comunque più affascinanti.

E dalle loro parti ci si diverte di più che in Liguria..

E poi i Reggiani sono anche musicalmente creativi.

Offlaga Disco Pax, Robespierre (videoclip)

Noi liguri apuane abbiamo un po'il mito del Reggiano.

12 gennaio 2010

considerazioni invernali sulla daphne

è nevicato
è gelato
è piovuto a più non posso
c'è un cielo grigio, ma proprio così grigio che io non mi ricordo di aver mai vissuto un inverno così triste e ho nostalgia di quelle giornata di sole, di solito usuali a gennaio, quando il freddo secco mi sferza il viso mentre cammino.

Un giro in giardino : dopo la catastrofe mi muovo con timore, sembra il finale dell'Edipo Re "pianto, rovina, morte, vergogna: di tutti nomi della sventura, nessuno manca all'appello!"
Ma anche il giardino d'inverno riserva piacevoli sorprese: tra un po'le mie due daphne odora aureomarginata, schiuderanno i fiori e il loro profumo meraviglioso si sentirà da metri di distanza.
La daphne profuma l'inverno!

Credevo che fosse impegnativo coltivare la daphne odora aureomarginata, dopo due anni dal primo acquisto sono soddisfatta: d'estate allungo all'acqua per annaffiare il solfato di ferro, d'inverno non me ne curo.
Si dice che la daphne abbia una crescita lentissima, ma in base alla mia esperienza dire proprio il contrario. Mi hanno detto che il verderame la può uccidere.
Bisogna dire poi che si è un po'caruccia, andiamo dai euro 35 in su in vaso da 18 cm, ma si può sempre ricorrere a un'amica che ne coltivi con pazienza una talea.
Una rassegna di immagini della daphne

considerazioni 2010

Gli inizi dell'anno sempre incerti ogni volta. Non sai cosa ti aspetta.
Verso febbraio è possibile avere qualche idea più chiara.

07 gennaio 2010

Ad un'ignota

di Guido Gozzano


Tutto ignoro di te: nome, cognome,
l'occhio, il sorriso, la parola, il gesto;
e sapere non voglio, e non ho chiesto
il colore nemmen delle tue chiome.

Ma so che vivi nel silenzio; come
care ti sono le mie rime: questo
ti fa sorella nel mio sogno mesto,
o amica senza volto e senza nome.

Fuori del sogno fatto di rimpianto
forse non mai, non mai c'incontreremo,
forse non ti vedrò, non mi vedrai.

Ma più di quella che ci siede accanto
cara è l'amica che non mai vedremo;
supremo è il bene che non giunge mai!

06 gennaio 2010

Sogno

Era una casa grande, sorgeva su una collina. Una casa importante, possente, forse un po' austera, su tre piani. D'altri tempi, ma non troppo lontani.
Era la mia casa.
La mia amica Barbara ed io eravamo in giardino. Intorno tutto sereno, ordinato. Gli arbusti curati.
Entro nelle stanze e capisco che ci sono stati i ladri e mi hanno rubato un po'di contanti, circa 200 euro.
Non faccio in tempo a provare sgomento.
Non hanno fatto danni. E' tutto in ordine.
Vado a vedere il mio cofanetto, mica che mi avranno rubato le mia "gioie"?
Lo apro e vedo che non manca niente, è tutto ancora al suo posto e vedo che tra le mie cose più preziose risplende lucente una medaglietta con il volto sereno di Cristo.


Morale:

i ladri sono entrati, ma hanno rubato poco. Ladri balordi, da poco, appunto.
Non hanno rubato, probabilmente nemmeno hanno saputo trovare, le mie cose più preziose.
Soprattutto non mi hanno rubato la fede in Cristo

05 gennaio 2010

Riciclaggio!

E'il 5 gennaio e non ho ancora messo un post nel mio blog, da quando è iniziato l'anno nuovo. Anche perché non ho le idee chiare su cosa mi posso aspettare dal 2010. Non ho buoni propositi. Semmai ne ho pochi e per di più pure cattivelli.
Dunque non avendo un post nuovo, ripropongo questo che scrissi due anni fa.
E'la storia vera di un pomeriggio a Vinca, un paesino della Lunigiana.
Non bisognerebbe mai tornare sui luoghi della nostra memoria.
Soprattutto non bisognerebbe permettere a nessuno di devastare i luoghi della memoria collettiva.

A Vinca c'era un lavatoio. C'era anche un artigiano che faceva i bastoni, piegando il legno con il calore del fuoco, un altro che con le radici degli alberi, ripulite e pennellate di copale faceva bellissime e originali sculture. E una signora che faceva deliziose occhette (anatre?) in miniatura all'uncinetto, adoperando fili dai colori vivaci, come il celeste e l'arancio. Io imparai a farmi i cappelli da squaw con le foglie di castagno.
Non andavo ancora alle elementari e passai la mia vacanza là con la mia famiglia, i miei zii e i miei adorati cugini Gianni e Paolo.
Andavo al lavatoio ed era come un gioco, sotto il sole estivo. C'erano tante donne al lavatoio e l'acqua era bianca dal sapone. La gogna che ti faceva andare di bocca in bocca, era farsi scivolare il sapone giù, dentro il vascone, ma le donne si erano attrezzate con un bastone munito di un chiodo sulla punta e così cerca e ricerca, a tentoni nell'acqua bianca, magari il sapone lo ritrovavi.
Non aveva credo nessuna peculiarità il lavatoio, me lo ricordo di cemento, un po'sciupato in alcuni punti forse, ma non l'ho mai più dimenticato.
Tante volte mi è venuta voglia di tornare a Vinca, ma non so perchè c'è stato sempre qualcos'altro da fare. Fino allo scorso anno, ed è stato un caso. Accompagnavo il mio amico Hubertus in giro per il Comune di Fivizzano e quando ho visto il cartello che segnalava Vinca, sono diventata incontenibile "Si! andiamo a Vinca! andiamo a Vinca!".
E così andammo a Vinca e Hubertus guidò a lungo nel cuore del parco delle Apuane, fino a che arrivammo e per prima cosa vidi un cassone enorme di cemento, una cosa che non so spiegare, ma quello non era il mio lavatoio! O si?
E Hubertus proseguì per andare a parcheggiare sotto i castagni, a margine della strada, praticamente all'imbocco dell'abitato. E così debuttammo a Vinca, lui così palesemente tedesco,di Monaco, con quella macchina d'epoca, l'antenata della Duetto e io con i tacchi alti e un vestitino a fiori, piuttosto italica direi. Ai lati della strada, sotto i castagni, vecchie sedie comunitarie ad uso di chi volesse prendere un po'il fresco e vedere chi passa. E ci guardavano tutti.
Io avanzai verso una signora anziana, seduta sullo scalino di casa e le chiesi del lavatoio, cioè se quella bruttura che avevo visto era il mio lavatoio. E lei attaccò a inveire contro il nuovo lavatoio, se non che io rincarai la dose e anche per rassicurarla che io non ero una "furesta" mi feci riconoscere esclamando nella nostra lingua ligure apuana:"quand'a ni nè, a ni nè!".
Con gli occhi di tutti addosso, iniziammo a girare il paese di Vinca, Hubertus per la verità molto controvoglia, lui che ama l'Italia dai tratti rassicuranti e gozzaniani, i caffè, le dimore patrizie, i cipressi, si sentiva a disagio in mezzo a quegli sguardi che per lui erano selvatici e ostili. Gli feci un breve cenno ad un clamoroso eccidio compiuto dai tedeschi proprio a Vinca durante la seconda guerra mondiale, quasi a giustificazione di quell'atmosfera sfavorevole che lui avvertiva e lui mi rispose "ma lo sanno questi che la guerra che è finita da un po'?", ma io ero troppo presa dalla voglia di perlustrare il paesino dei miei ricordi, arrampicata sui tacchi e me lo trascinai dietro su e giù per i sentieri fatti a scalette.
E rividi la casa dove ero stata un tempo e pure le scale dove sedeva la signora che faceva le occhette all'uncinetto. Mentre Hubertus, che pure è uno che ha viaggiato nei luoghi più remoti del mondo, diceva che gente così selvatica non l'aveva mai incontrata. E io invece era come se fossi tornata a casa, nel grembo più intimo e incontaminato della Grande Madre Apua. E tanto il mio amico era infastidito, quanto io ero come inebriata.
E arrivammo al lavatoio. Tre donne anziane sedute sullo scalino lì accanto. E ci girai intorno, lo toccai, ma non era più il mio lavatoio. Era un cassone dove l'acqua avanzava verso il bordo. Come si faceva a lavare i panni lì dentro? Non c'era l'acqua bianca che ricordavo io, ma un' acqua quasi ferma, quasi morta, quasi marrone. Nessuno lavava più i panni lì dentro!
Attaccato al muro un pannello a descrizione della sapiente opera di restauro del lavatoio finanziata, mi pare con fondi comunitari.
Ero sgomenta. Cercai conforto con dalle tre signore anziane; mi dissero che l'affare non drenava bene, insomma l'acqua non scorreva via "e tocrì usar l'architeto chi l'ha fat'per stappar' 'l buc'" insomma pure loro erano molto arrabbiate.
Al ritorno, in auto, passammo innanzi a un cippo che segnalava che nei secoli, si erano arrampicati fin là a far danni i Romani prima, poi i Saraceni, poi i nazisti.
Nemmeno nel cuore delle Apuane si può star tranquilli.
Povera Vinca, povero il mio lavatoio!