16 ottobre 2006

Del 1 maggio 1994


Chissà se anche tu lo sapevi
chissà se anche tu l'hai sempre saputo
che sarebbe finita così.
Ma sai, i bambini di strada muoiono per molto meno
e forse è proprio loro che osservi giocare dalla finestra
e il video è spento
perchè hai paura di vedermi giocare con la vita.
Qualcuno piangerà,
qualcuno dirà "se l'è cercata".
No mamma, non volevo morire così
non volevo che sucedesse come quando un pilota muore giovane.
Volevo solo vincere, vincere, vincere.
Sai quanto le ho amate queste macchine,
sempre più veloci, sempre più perfette,
mentre un uomo è solo un uomo
un uomo è sempre un uomo.
E poi ti dirò, non fa male morire così,
è quasi dolce questo calore...
No, non ti sto dicendo che sia giusto morire così,
ma così correndo ho conquistato il mondo,
per tornare da te dopo ogni gara.
Da te che adesso, come tutti, più di tutti,
ti chiederai se si poteva evitare.
Da Silva era il cognome di mio padre,
ma io per correre ho scelto il tuo: SENNA

2 commenti:

Sara ha detto...

Questa poesia, se così si può chiamare, ha, almeno a mio giudizio, una storia intensa, come il tema che tratta. Ricordo quel giorno, quel primo maggio del 1994. Ricordo quel Gran Premio di Imola fin dal suo inizio in un'atmosfera surreale, perchè il giorno prima era morto Ratzemberger, un giovane pilota austriaco, al suo debutto nella massima categoria. Era da tantissimi anni che la Formula Uno non registrava una tragedia...Ricordo la Williams di Senna tagliare dritta una curva,in un frammento di secondi dilatati. E poi quella macchia di sangue sull'asfalto. Ho assistito per intero a quella corsa, ma non mi ricordo chi vinse, ricordo, quasi a percezione del clima generale, che uno scatto di Alboreto travolse i meccanici della Ferrari, la sua ex scuderia.
Poi sono uscita di casa e ho preso i miei cani, Igor e Mosè e siamo andati alla "Casetta". La "Casetta" è una parentesi della mia vita che è durata pochi mesi, ma c'è rimasta in modo idelebile. Non so quanti fossimo, in una quindicina forse, forse venti. Andavamo in questa casa mezza diroccata che si trovava in campagna, a due passi dalle nostre "residenze civili" e stavamo lì. Stavamo bene insieme. Quando Nanni Moretti vinse la Palma d'Oro a Cannes festeggiamo con una serata dedicata ai suoi film. La sera prima che partissi per Creta, eravamo tutti quanti lì. Idem la laurea del Silvy fu festeggiata tra quelle mura. Fu quella l'ultima notte di vita della "Casetta".Il giorno dopo il proprietario che generosamente ce l'aveva data, ha dovuto riprendersela, ma questa è un'altra storia.
Quel primo maggio tutto ciò era ancora lontano.
C'erano quattro compleanni da festeggiare quel giorno, quattro compleanni senza dolce e senza spumante. Due tiri al pallone nel prato, i miei cani che scorazzano festeggiando a modo loro quella bella giornata di sole. A tratti la radio dava notizie sulle condizioni di Senna, che quasi sfumavano però in quel pomeriggio di chiacchiere e risatei. Bukowski direbbe "quando noi eravamo giovani"...dai 20 ai 26 anni, per lo più universitari. Ho ripreso i cani e sono tornata a casa. In quel breve tratto, poco più di un km, altre radio, altre voci: "Ma è morto Senna?".
Erano le 18 quando alla tv l'hanno comunicato ufficialmente. Questa poesia è nata pochi minuti dopo.Una dopo l'altra sono corse le parole, senza bisogno di tornarci sopra. Posso dire di averla scritta io che l'ho battuta materialmente sulla mia macchina da scrivere. Ma non so quanto effettivamente mi appartenga. O quanto l'abbia in qualche modo ricevuta.

Anonimo ha detto...

"Chissà se anche tu lo sapevi
chissà se anche tu l'hai sempre saputo
che sarebbe finita così."

Io l'ho sempre saputo, l'ho sempre sentito nel cuore che eri speciale e che non poteva finire che così, come è successo per tutti i piloti speciali come te. Aspettavo solo che succedesse, come una specie di conto alla rovescia...

Ma come fa male, ancora...