03 agosto 2014

Il fatto del giorno. Marco P.

L'ha detto la radio, la tv, la rete, oggi non si è parlato d'altro che della riapertura delle indagini sulla morte di Pantani.
Ricordo l'epoca delle sue vittorie, seguii il Tour in televisione, sprofondata su una poltrona , mentre lavoravo un quadro con due colombi a filet. Mi ha dato molto in un momento difficile.
Sempre in quel periodo, percorrendo i sentieri del bosco, mi riparavo la testa con una bandana gialla, era solo un caso, ma Gianni, il caposquadra, mi chiamava "Pantanina". E io un po'ero orgogliosa e un po'stizzita.
Ho ripensato ad altre madri di ragazzi fragili. 
Una di queste la vedo sempre quando vado al cimitero e le racconto, ogni volta, quel poco che mi ricordo di suo figlio. 
Che era un bravo ragazzo. E lavorava. Era di compagnia, ma rispettoso.
E'restato forse troppo in attesa dei soccorsi. Ma magari se uno è un tossico, non riesce ad avere un intervento tempestivo. Lui è restato ore lì ad aspettarli e poi è morto. Credo si possa dire di malasanità.
Ma quella madre non ha voluto fare indagini, autopsie etc. 
Davanti alla tomba di quel suo figlio morto, mi ha detto, dolce,ma categorica : "tanto non tornano.".
Pantani invece non si era reso conto che il suo pubblico non l'aveva mai perso, che se fosse tornato a correre già sarebbe stato bello per noi che l'abbiamo applaudito, avere riaccesa la speranza di vederlo tornare il campione di un tempo. 
La malattia, cioè la profonda tristezza, l'ha isolato mentalmente, non gli è arrivato l'affetto dei suoi tifosi, perchè non poteva sentirlo.
Non so se queste indagini apriranno una nuova luce sulla sua tragedia: io sono convinta che Marco sia morto di solitudine.


Aggiungo un pezzo a questo post, scritto ieri sera, reduce per altro da una giornata di km in autostrada e da una bellissima festa tra i miei parenti a Battilana.
Ho scritto "ragazzi fragili" perché non mi veniva in mente un'altra definizione. E'che spesso sono le cose più preziose ad essere fragili.
Recuperare questa tragedia dopo 10 anni, non mi pare abbia molto senso, ma è un mio personalissimo giudizio.
Si poteva agire all'indomani della morte di Pantani, per parlare di cocaina e dell'isolamento a cui conduce, tra i tanti mali.  E invece di droga in questo Paese si ha il pudore di non parlarne, sai mai che si turbi qualcuno.
In modo speciale poi doveva partire dal mondo del ciclismo una seria presa di posizione contro il dopping e contro i meccanismi che lo promuovono.
Allora la morte del Pirata non sarebbe stata vana e poteva servire ad altri  giovani per uscire dalla solitudine della vergogna, dal muro d'omertà imposto dal dopping.
Il ciclismo ha perso moltissimo dalla vicenda di Pantani, anche una vittoria come quella di Nibali, non riesce a restituire credibilità  uno sport che un tempo era amatissimo.

5 commenti:

Francesco ha detto...

Era meglio lasciarlo in pace

UnUomo.InCammino ha detto...

Non di rado penso che il successo sia una sorta di condanna. Certe anime fragili non lo reggono. Molte anime fragili non lo reggono.

Unknown ha detto...

Io, come primo commento di oggi devo chiedere scusa per aver scritto della vostra fortuna della pioggia di ieri. Questa è stata la prima notizia che ho sentito questa mattina per le vittime nel trevigiano. No comment sulla solitudine e la fragilità dell'essere umano...no comment!

Alberto ha detto...

Che la giustizia faccio il suo corso. Io però faccio una malignità. Possibile che questi "gialli" vengano alla ribalta perlopiù il mese di agosto?

Alexander Biagiolius ha detto...

pantani eroe moderno.