Sono sette anni che son scesa da lassù e ancora ho come il pensiero di doverci tornare, come se quello fosse ancora il mio posto di lavoro che mi aspetta. Quasi mi fossi presa una pausa, quaggiù nella piana.
Ricordo un giorno d'inverno, lassù invece, affacciata sulla mia valle, che si spalancava come nella foto. Uno di quei giorni in cui dici una cosa importante a un tuo amico, ma lui la sa già. E dissi a Mirco, così si chiama il mio amico-collega, che non mi sarebbe mai più capitato di lavorare in un posto così bello. Anche lui ne era convinto. In parte avevo ragione. Solo in parte. C'è del buono nella piana. Ci sono tantissime cose belle quaggiù.
Eppure dall'alto è ancora tutto un po'indistinto, il fiume, il mare, il verde della tenuta di Marinella sfumano e in parte celano le opere edilizie, così che la potenza della Natura ancora sovrasta.
E chiesi quel giorno sul Murlo a Mirco se s'immaginava come deve essere stato quando i nostri antenati hanno visto da lassù l'arrivo delle legioni romane. Lo sgomento, la consapevolezza di essere senza scampo, la decisione a combattere nonostante tutto. Ci fermammo in quell'istante a rivivere quelle emozioni dolorose. Obbligate.
Stanati con il fuoco, uccisi, deportati in 40.000, così racconta Livio la pulizia etnica di Roma contro i Liguri Apuani.
Ma qualcuno è rimasto, perchè impazzito di dolore, si è perso per i sentieri del Caprione.
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