C'è un giardino chiaro, fra mura basse,
di erba secca e di luce, che cuoce adagio
la sua terra. È una luce che sa di mare.
Tu respiri quell'erba. Tocchi i capelli
e ne scuoti il ricordo.
Ho veduto cadere
molti frutti, dolci, su erba che so,
con un tonfo. Così trasalisci tu pure
al sussulto del sangue. Tu muovi il capo
come intorno accadesse un prodigio d'aria
e il prodigio sei tu. C'è un sapore uguale
nei tuoi occhi e nel caldo ricordo.
Ascolti.
Le parole che ascolti ti toccano appena.
Hai nel viso calmo un pensiero chiaro
che ti finge alle spalle la luce del mare.
Hai nel viso un silenzio che ti preme il cuore
con un tonfo, e ne stilla una pena antica
come il succo dei fiori caduti allora.
[3-10 settembre 1940]
Proprio oggi, nel 1950 , motiva Cesare Pavese. Qua e là nelle pagine di questo blog, i poeti che ho indegnamente citato, si contano sulle dita di una mano sola. Tra questi Pavese, ma riesco ad assumerlo solo in modiche quantità, è troppo intenso ogni suo verso.
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3 commenti:
dunque, il giardino c'è, le erbe secche pure, le parole anche... vuoi dei canestrelli scaduti a marzo 2018?? :)
ma a parte questo mi chiedevo: ma nel tuo giardino c'è una compostiera??
Per non parlare dei gatti che lo usano come toilette!
i poeti son così, vanno presi a fettine o a spicchi quelli che come me hanno l'anima racchiusa in un pugno serrato come un arancio non ancora maturo
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