01 luglio 2021

Comunità

Ho sempre detestato questo tratto di strada a margine della ferrovia, un po'di campagna trascurata, qualche casa isolata, impermeabile.  Un tratto monotono d'afalto che da bambina mi sembrava interminabile da percorrere a piedi quando andavo con mia mamma dai nonni e che da adulta mi sono forzata a percorrere per tenermi in forma fisica. 
Ci passo in bici dopo tanto tempo e avvicinandomi verso la casa dove sono cresciuta il paesaggio mi diventa famigliare, sempre case isolate, ma conosciute. 
La casa dove andavamo a comperare le pesche. Quella dove andavamo a comprare "il latte delle mucche". Le sere d'estate in cui sentivi per la via il profumo degli sgabei fritti che arrivava da qualche casa.
E le persone.
Per anni mi è sembrata una comunità più o meno immobile, si nasceva poco, si moriva meno. Ogni nucleo ,compreso il nostro,  aveva il parentado.
Il tempo ha fatto il suo corso. 
Mentre pedalo cerco i volti dietro le recinzioni: Sara, da quant'è che non ti vedo? E come sta la mamma?
E poi il ricordo di chi non c'è più, quando lui legava le vigne, il nome di un cagnolino, ti ricordi quella volta...
La comunità di un tempo non c'è quasi più, le case troppo grandi per le famiglie sempre più piccole. Non è più come una volta quando vivevamo tutti in un'osmosi sociale quotidiana. Non è rimasto più nessun negozio dove incontrarsi ogni giorno, ma là vicino c'è il Penny Market. Nelle case ci abita gente diversa, ognuno sta in casa sua, italiani e stranieri e forse si incontrano quando portano in giro il cane e si salutano, ma non si conoscono per nome.

15 commenti:

Ferruccio Gianola ha detto...

D'estate e specialmente da quando c'è il Covid, sto quasi sempre nell'appartamento in montagna che era di mio padre. Si trova in una casa di sei appartamenti. Ogni appartamento era di un fratello di mio padre (erano sei maschi e due femmine). Quando ero piccolino e andavo a scuola a piedi, da quella casa uscivano sempre una decina di bambini (fratelli, sorelle, cugini e cugine). Ira due appartamenti sono vuoti, in uno ci vive una mia vecchia zia rimasta sola, in un altro, mio cugino con la sua famiglia e un altro è in affitto a gente che viene a trascorre la stagione estiva. Come il tuo post, sono situazioni che possono ispirare un romanzo

Pier ha detto...

Eccolo arrivato: momento malinconia!!!
La prossimità con i confinanti è un odio-amore dal difficile equilibrio, concordo che "un tempo" c'erano affinità che oggi sono sconosciute, ma devo anche riconoscere che c'era un'educazione che oggi è perduta...

fulvio ha detto...

È bello tornare e ricordare. Io sono nato in un quartiere di Trieste che non esiste più, le casette unifamiliari di un tempo sono state sacrificate al progresso edilizio e quella che era una periferia oggi è inglobata nel centro città. Gli unici ricordi sono vecchie foto in bianco e nero. Peccato.
Ciao fulvio

Franco Battaglia ha detto...

Devi trovare anche le persone giuste.. ho sempre vissuto in condomini, quello degli ultimi quindici anni con persone che a malapena salutavo, ora ho trovato un palazzo di persone tutte socievoli e bendisposte, un "piccolo" paese inserito in una metropoli, e spesso ci vuole anche fortuna.. certo come dice Pier alcune affinità di un tempo perduto non esistono più..la fiducia totale, una generosità disinteressata..ma piccole oasi possono proliferare, magari proprio alla ricerca di quella naturalezza svanita..

Sara ha detto...

@ Franco ma ora vivo in un clan! Ho tutti i parenti vicini, è la comunità dove sono cresciuta che è cambiata

Mariella ha detto...

Quei tempi non possono tornare, restano nei ricordi com'è giusto che sia.

Andrea Sacchini ha detto...

Bel post, mentre lo leggevo mi sembrava di essere su quella strada :-)

Ernest ha detto...

si spesso si torna indietro con la mente e luoghi che riportano ad immagini indimenticabili, a volte invece che vogliamo dimenticare.

antonypoe ha detto...

sì, è cambiato molto: proprio tutto un altro modo di "vivere". io non conosco neppure il cognome dei miei vicini di pianerottolo.
buon giorno

semola ha detto...

... il prezzo della Globalizzazione è quello di uniformare e cancellare le radici, l'appartenenza e le tradizioni...

Joanna ha detto...

È lo scorrere del tempo, guardiamo al passato con nostalgia e conserviamo i ricordi come preziosi gioielli.

Marco Poli ha detto...

... non si conosce nemmeno il nome dei vicini di casa ... è terribile ... è così ovunque ...

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Claudia ha detto...

Era meglio prima? O semplicemente eravamo più giovani?
Da me sono cambiate tante cose. Sono spariti negozi, persone, bambini, la scuola, il Fontanile, le rane, le ortiche. La Bruna che raccoglieva soldi ogni settimana. Si usavano per le corone, per i defunti, e a Natale restituiva l'avanzo ai sottoscrittori. Era come ricevere due volte lo stesso denaro, e piaceva. La sera gli adulti prendevano una sedia e si riunivano in due grandi cerchi, in strada, uno alla fine e uno a metà.
I bambini facevano Il Girotondo attorno a una buca dell'asfalto, oppure andavano in bicicletta, avanti e indietro, tra un cerchio e l'altro di adulti, o catturavano le lucciole, facendole tristemente spegnere. Anche le lucciole, non ci sono più.

Sara ha detto...

@Claudia che bella realtà che hai descritto!

Claudia ha detto...

Quanti anni, quante cose sono cambiate.
Sembra Passato un millennio.