Non è che io m'impegni a fare il bastian contrario, beh, si diciamo che è un mio talento naturale, ecco tutto.
E dunque mi rallegra il fatto che da 4 anni a questa parte a Sarzana si tenga il Festival della Mente. Sarà che ho anche un campanilismo tanto congenito quanto sfegatato, ragion per cui sono contenta di vedere tanti foresti, lombardi per lo più, calare nella mia piana e prender coscienza di quanto sia bella.
Mi piace girare per Sarzana con Apua al guinzaglio e vedere belle signore bionde di mezza età, muoversi a drappelli, oppure sedute ai tavolinetti dei bar. Mi piace che mi fermino e mi chiedano dov'è il Chiostro di San Francesco e se ho tempo posso pure girare sui tacchi e accompagnarcele direttamente. Sembra più bella anche a me la mia città in questi giorni.
Quello che mi lascia più perplesso è il comportamento degli autoctoni, o almeno di parte di essi. Entri in un negozio di vestiti e trovi la titolare al telefono che manco ti fila "Eh...c'è il festival della mente! Vengono da tutte le parti del mondo!(si va beh...n.d.r.)" sulla soglia di un altro negozio, colgo un'altra conversazione animata di due signore" Bisognerebbe trovare i biglietti per andare ad ascoltare qualcosa...".
Certo il programma presenta un fitto calendario di conversazioni "intelligenti", condotte da filosofi, scienziati, artisti e tutto ciò bellissimo.
Tuttavia tutto l'anno la nostra provincia riserva appuntamenti culturali eccellenti, con protagonisti noti e meno noti, oltretutto a ufo e molti troppo spesso sono negletti o comunque con un uditorio numericamente limitato e ciò mi lascia perplessa a fronte del fermento di questi tre giorni sarzanesi, per cui mi chiedo quanto sia reale questa fame-sete di cultura, o quanto invece non sia l'ambizione di poter dire "Io c'ero".
La cultura è un percorso. E' un impegno. Un piacere. Un sacrificio. Non si consuma in un evento, che certo può concorrere, ma non è sufficiente.
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1 commento:
Sempre puntuale Sara.Sempre grandissima.
rubletta
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