08 dicembre 2009

Lo scotto in Battilana

Credo siano passati quasi una trentina d'anni. All'epoca anche persone di estrazione modesta potevano farsi una casa senza tribolare più di tanto. E così i miei nonni di Battilana acquistarono una vecchia casa per risistemarla insieme a mio zio e farne l'abitazione per la sua famiglia (per Battilana si rimanda nota n.1).
Ricordo che anche se certamente il grosso del lavoro lo fecero i muratori,ci furono contributi un po'tutta la famiglia, bimbi compresi. In modo particolare ricordo una divertentissima giornata di demolizione, di mura e calcinacci che mi sembrò un gioco. Anzi, era un gioco! Nelle campagne, nei contesti rurali e di clan, come Battilana appunto, era normale che i bimbi dessero una mano alle faccende dei grandi, che si trattasse della vendemmia o della raccolta delle patate, era vissuto tutto spensieratezza e poi mio fratello ed io lo sentivamo anche un po'come un nostro dovere.
Le mie cugine no, loro non venivano nemmeno a fare la vendemmia, però si sono pregiudicate per sempre, secondo me, quelle bellissime parate sul carro trainato dal trattore di mio nonno Nandino, al ritorno dai campi, quando noi bimbi ci sperticavamo in saluti per farci vedere da tutti, nel privilegio di esser seduti sul carro, tra i bigonci pieni d'uva.
I miei nonni sono sempre stati dei lavoratori infaticabili, all'epoca della casa in costruzione poi erano giovani e quindi il progetto di mio zio andò a buon fine. Era in uso all'epoca, una volta che i lavori terminavano il tetto della casa, issare una bandiera sull'edificio. Di solito ci piazzavano la bandiera italiana: attenzione sto parlando di un'usanza che precede cronologicamente i clamori del Mundial del 1982 e tanto meno la voglia di bandiere, divise e istanze similmonarchiche che da oltre un decennio pervade ,nella forma, un Paese sempre più allo sfascio e allo sbagascio.
No!All'epoca si piazzava sul tetto della casa una bandierina tricolore e stop. Senza tante storie. Un piccolo rettangolo di stoffa poco più grande di un fazzoletto.
I miei nonni invece issarono sul tetto della casa una bandiera rossa :eravamo in Battilana!
E' palese che in questa ritualità ci sia qualcosa di arcaico: l'eco di una leggenda, presente un po'in tutte le culture, che vuole che la fondazione di una città, di più di una civiltà, sia caratterizzata alla sua origine dall'uccisione di un serpente, di un drago, insomma, di un bestio infilzato da un'asta. (vedi nota 2)
Oggi non lo so se si usa sempre piantare la bandiera italiana sul tetto di una casa di nuova costruzione. Non credo. Intanto perché ci sono sempre meno privati che si possono fare una casa per fatti loro, proliferano infatti le villette a schiera, le ditte edili vanno di fretta, ma soprattutto, i muratori oggi come oggi sono per lo più stranieri, magari nella stessa ditta operano nazionalità diverse, quindi non mi sembra chiaro quale bandiera sarebbe legittimo piantare.
Ma la ritualità battilanese non terminò con la bandiera, proseguì con "lo scotto". Io, bambina che andava per i 10 anni o giù di lì, non sapevo cosa fosse , salvo poi viverlo in prima persona in quella notte d'estate in cui i miei nonni, per "pagare" appunto "lo scotto" invitarono a cena tutti i loro parenti di Battilana e anche alcuni di Bonascola, cioè mia zia Maria "di Candia", sorella di mia nonna Beatrice e il marito di Maria, lo zio Oreste.
E fu festa nell'aia dei miei nonni quella sera, dove in tantissimi mangiammo spaghetti conditi con un memorabile sugo di granchi preparato per tutti dallo zio Orè.
Quanti eravamo quella sera seduti ai tavoli imbanditi nell'aia dei miei nonni!
Forse eravamo anche in troppi, almeno per i miei gusti perché c'era un mio cugino di secondo grado, tale Francesco, un ragazzino poco più grande di me, il quale da buon antipatichello mi disse che il completino di raso rosso, con i pantaloncini e la canotta,che indossavo non era un originale della Adidas! Me lo disse come se mi fossi macchiata di chissà quale onta, così giovane e così st..zo! E ora che ci penso anche bugiardo!
Ma a parte il Pierino battilanese, fu una serata di allegria condivisa, che dopo la cena proseguì con la musica della fisarmonica di mio nonno Nandino.
Nonno se ora mi stai ascoltando dal Paradiso dei Comunisti ti voglio dire che se all'epoca ti avrò dato l'impressione di preferire le canzoni di Miguel Bosè alla tua musica (sempre meglio delle mie cugine che erano fissate con Pupo!) tuttavia vorrei farti sapere che per me era un privilegio quando ci facevi ascoltare la tua fisarmonica, era impossibile resistere al quel buonumore contagioso!
Come fu la notte d'estate dello scotto, tra le risate, i motti di spirito che passavano da un tavolo all'altro, divertenti, ma mai salaci, perchè io non mi ricordo di avere udito nella mia infanzia battilanese, cose sconvenienti per i bambini (vedi nota 3).
Ma colui che strappò più sorrisi e risate a tutti, fu come al solito lo zio Oreste, la cui presenza era già di per sé garanzia di buonumore. E si rincorrevano le voci e si levavano dai tavoli "Oh Orè!" "Ne Orè, ven po'chi! Ven'a ber un po'd'vin'!" E ancora "e per il cuoco Orè hip hip urrà!"
E tutti quanti in coro a squarciagola: urrà!!!
Non era certo un campione quanto a bellezza, mio nonno infatti per pigliare in giro bonariamente quel suo cognato, lo chiamava Rodolfo Valentino (sempre meglio di quello che da mio nonno si beccò l'appellativo di Negus o dell'altro che restò a vita soprannominato Il Marziano), nondimeno tutti adoravano quel uomo alto, dal sorriso dolcissimo a cui la mia famiglia deve tanti momenti felici.
E'mancato pochi anni dopo, non ancora sessantenne, non so se fece in tempo ad andare in pensione dalla fabbrica in cui lavorava, la storica Coca Apuania(vedi nota 4). E'mancato a causa di un tumore che l'ha colpito così come purtroppo molti nostri conterranei (vedi nota 5).
Quantunque acquisito, mio zio Orè è una delle persone che ha lasciato i ricordi più belli della mia infanzia e voglio ricordare a distanza di tempo la sua grande bontà e tutta questa storia della festa dello scotto in Battilana è dedicata a lui.


note
1)Battilana è in provincia di Massa Carrara, al limite tra la Toscana e la Liguria: i suoi abitanti si caratterizzano per non avere i tratti rinomati degli abitanti né dell'una né dell'altra regione, dal momento che noi liguri apuani, non siamo come pensa erroneamente qualcuno "misti", siamo decisamente ALTRI. E siamo soliti a frequentazioni prestigiose. Su Battilana , sui costumi dei suoi abitanti e sul lessico e sulla mitologia battilanese ho scritto in diverse occasioni, in altro a sinistra nella pagina, è possibile effettuare un'interessante ricerca, fermo restando il fatto che io sono una battilanese per metà, per giunta trapiantata e cresciuta altrove, cioè a almeno due km da Battilana centro.
2) sul significato arcaico del bestio!
3) devo precisare il concetto: ho udito molte cose, per altro gratuite, pronunciate in linguaggio poco riguardoso nei confronti di Santa Romana Chiesa, ma diciamo che non ricordo nel corso delle mie estati infantili battilanesi di aver udito un modo di scherzare volgare, relativo alla sessualità, per altro abituale nella cinematografia di cassetta dell'epoca.
4)davvero storica la cosiddetta "Coca Apuana" come l'hanno sempre chiamata da queste parti, il cui nome vero è Italiana Coke,
5)dati del Cnr

4 commenti:

roberto ha detto...

Io faccio il muratore e ti posso assicurare che l'usanza di issare la bandiera,quando si finisce una casa,c'è ancora.Per quanto riguarda la vendemmia,la raccolta delle olive ecc,ecc ne conservo un ricordo bellissimo d'infanzia anchio praticamente,sotto questo aspetto,ho vissuto un'infanzia simile alla tua.Sono nato a 300metri dall'anfiteatro ora abito ad Aulla ma torno sempre a trovare i miei,mi manca l'aria di luni.Ciao un'abbraccio.

Sara ha detto...

Ho idea che ci sia molta letteratura di antropologia comparata circa l'usanza della bandiera, sarebbe interessante approfondire l'argomento
Andavi alla Ceccordo Roccatagliata Ceccardi, eh?

roberto ha detto...

Si certo andavo alla c.Roccatagliata.c,ho fatto fino alla terza poi sono andato a lavorare anche perchè,non mi vergogno a dirlo, fui bocciato in prima e in terza.Forse ci siamo anche incontrati,Io sono del 69.Comunque adesso ho una bella famiglia e sono contento di aver imparato un mestiereche dalle nostre parti è equiparato ad un'arte.Ciao

Sara ha detto...

Io sono del '70, quindi ci saremo di sicuro incrociati.
Erano un ambiente impegnativo quelle scuole medie. Il ricordo più bello era una bravissima prof. di Storia dell'Arte, si chiamava Fiorella (non scrivo il cognome, ma tu sai a chi mi riferisco), lei c'incantava.
Anche il preside era una persona propositiva.
Ma il contesto non era dei migliori, poi la scuola più di tanto non può fare per ovviare le lacune educative. Mi ricordo tante ragazzine che a 11, 12 anni si truccavano e si atteggiavano come donne vissute e dei loro coetanei maschi che se non erano delinquenti patentati poco ci mancava. Mi sembra che il bullismo che denunciano glie educatori oggi, sia la scoperta dell'acqua calda. Cioè i modelli femminili che facevano gasare gli adolescenti, anzi i bambini di allora, non erano certo migliori di quelli odierni. Sarà che io ero così gonza che ho continuato a giocare con le Barbie fino alla IV ginnasio...