20 febbraio 2010

Sarzanese d'adozione

Questa è una plateale ed insolente dichiarazione d'amore alla mia città, Sarzana.
Non mi stanco mai di vedere i suoi angoli, i suoi abbaini, i negozi chic e le botteghe artigiane, la bella gente a giro e i cani a zonzo.
E dire che io sono originaria di Luni, cioè provengo da ben sei km di distanza....
Dedicato al sognatore mariano che ogni giorno, incurante dei vigili e dei divieti, dà il becchime ai piccioni.


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Partendosi di là e andando tre giornate verso levante, l'uomo si trova a Diomira, città con sessanta cupole d'argento, statue in bronzo di tutti gli dei, vie lastricate in stagno, un teatro di cristallo, un gallo d'oro che canta ogni mattina su una torre.
Tutte queste bellezze il viaggiatore già conosce per averle viste ance in altre città.


Italo Calvino, Le città invisibili, Le città e la memoria. 1

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Al di là di sei fiumi e tre catene di montagne sorge Zora, città che chi l'ha vista una volta non può più dimenticare. Ma non perché essa lasci come altre città memorabili un'immagine fuor del comune nei ricordi. Zora ha la proprietà di restare nella memoria punto per punto, nella successione delle vie, e delle case lungo le vie, e delle porte e delle finestre nelle case, pur non mostrando in esse bellezze o rarità particolari. Il suo segreto è il modo in cui la vista scorre su figure che si succedono come in una partitura musicale nella quale non si può spostare o cambiare nessuna nota.
Italo Calvino, op. cit., Le città e la memoria. 4

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Di là, dopo sei giorni e sei notti, l'uomo arriva a Zobeide, città bianca, ben esposta alla luna, con vie che girano su se stesse come in un gomitolo. Questo si racconta della sua fondazione: uomini di nazioni diverse ebbero un sogno uguale, videro una donna correre di notte per una città sconosciuta, da dietro, con i capelli lunghi, ed era nuda. Sognarono d'inseguirla. gira gira ognuno la perdette. Dopo il sogno andarono cercando quella città; non la trovarono ma si trovarono fra loro; decisero di costruire una città come nel sogno.
Italo Calvino, op. cit., Le città e il desiderio . 5


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Entrai ai Ipazia un mattino, un giardino di magnolie si specchiava su lagune azzurre, io andavo fra le siepi sicuro di scoprire belle e giovani dame fare il bagno: ma in fondo all'acqua i granchi mordevano gli occhi delle suicide con la pietra legata al collo e i capelli verdi d'alghe.

Italo Calvino, op. cit., Le città e i segni. 4

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E' l'umore di chi la guarda che dà alla città di Zembrude la sua forma. Se ci passi fischiettando, a naso librato dietro al fischio, la conoscerai di sotto in su; davanzali, tende che sventolano, zampilli. Se ci cammini col mento sul petto, con le unghie ficcate nelle palme, i tuoi sguardi s'impiglieranno raso terra nei rigagnoli, i tombini, le resche di pesce, la cartaccia.
Italo Calvino, op. cit., Le città e gli occhi. 2

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A Ersilia, per stabilire i rapporti che reggono la vita della città, gli abitanti tendono dei fili fra gli spigoli delle case, bianchi o neri o grigi o bianco-e-neri a seconda se segnano relazioni di parentela, scambio, autorità e rappresentanza. Quando i fili sono tanti che non ci può più passare in mezzo, gli abitanti vanno via: le case vengono smontate, restano solo i fili e i sostegni dei fili.

Italo Calvino, op. cit., Le città e gli scambi. 4


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Non c'è città più di Eusapia propensa a godere la vita e a sfuggire gli affanni. E perché il salto dalla vita alla morte sia meno brusco, gli abitanti hanno costruito una coppia identica della loro città sottoterra. I cadaveri, seccati in modo che ne resti lo scheletro rivestito di pelle gialla, vengono portati là sotto a continuare le occupazioni di prima. Di queste, sono i momenti più spensierati ad avere la preferenza; i più sono di loro vengono seduti attorno a tavole imbandite, o atteggiati in posizione di danza o nel gesto di suonare trombette.

Italo Calvino, op. cit., Le città i morti . 3

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Se toccando terra a Trude non avessi letto il nome della città scritto a grandi lettere, avrei creduto d'essere arrivato allo stesso aeroporto da cui ero partito. I sobborghi ce mi fecero attraversare non erano diversi da quegli altri, con le stesse case gialline e verdoline. Seguendo le stesse frecce si girava le stesse aiole delle stesse piazze. Le vie del centro mettevano in mostra mercanzie e imballaggi che non cambiavano in nulla. Era la prima volta che venivo a Trude, ma già conoscevo l'albergo in cui mi capitò di scendere...
Italo Calvino, op. cit., Le città continue . 2


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Per parlarti di Pentesilea dovrei cominciare a descriverti l'ingresso della città. Tu certo immagini di vedere levarsi dalla pianura polverosa una cinta di mura, d'avvicinarti passo passo alla porta, sorvegliata dai gabellieri ce già guatano storto ai tuoi fagotti. Fino a che non l'hai raggiunta ne sei fuori; passi sotto un archivolto e ti ritrovi dentro la città; il suo spessore compatto ti circonda; intagliato nella sua pietra c'è un disegno che ti si rivelerà se ne segui il tracciato tutto spigoli.
Italo Calvino, op. cit., Le città continue . 5



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2 commenti:

cielosopramilano ha detto...

io vengo da un piccolo centro del sud. (che poi mica piccolo è...) e adesso vivo a milano.
Ma sono innamorato dei piccoli centri del nord.

Anonimo ha detto...

Che belle foto, e quanto bella è Sarzana. Appena posso accetto il tuo invito.
Per Cielosopramilano: ti piacerebbe, penso, il Cornello dei Tasso.
Iaia